Il settore automobilistico ha visto aggravarsi una situazione già problematica in seguito all'avvento della pandemia. Questa ha prodotto sia effetti diretti, come il forte calo delle vendite dovuto al lockdown, sia effetti indiretti. Uno dei più pesanti è quello legato alla crisi nella fornitura dei microchip. L'analisi di questa correlazione, dal titolo "Pandemia + Microchip = Crisi devastante", pubblicata dal Centro Studi Promotor nell'ottobre di quest'anno, spiega come un errore di valutazione da parte delle aziende produttrici di microchip abbia messo in ulteriore sofferenza il settore automotive. Queste società avevano previsto che la pandemia avrebbe indotto una diminuzione significativa nella domanda generale di microchip: si è verificato l'esatto contrario.
Il deciso incremento nella richiesta di computer, smartphone e tablet ha prosciugato le riserve di semiconduttori. La loro scarsa disponibilità ha travolto il settore automobilistico che si è trovato, così, al centro di una corsa all'oro.
I problemi dell'industria automobilistica italiana
Focalizzando l'attenzione sul settore auto in Italia, salta subito all'occhio il fondamentale nodo da sciogliere. Tempi e modi della transizione green, vale a dire del passaggio produttivo da motori endotermici a motori elettrici, sono ancora tutti da definire. Le decisioni economiche e politiche tardano ad arrivare. Il Ministro dello Sviluppo Economico, nel corso di uno specifico question time, ha sottolineato l'intenzione di sostenere il settore. Una spinta agli acquisti potrebbe venire dalla proroga dell'ecobonus per tutto il 2022.
Ma questo non risolve il problema dei microchip e della condivisione dei dati digitali necessari all'intera catena di produzione. La strategia seguita dalle più importanti case automobilistiche tedesche è stata quella di formare un consorzio (Catena-X) con l'obiettivo di condividere dati e sistemi, creando filiere produttive interconnesse capaci di colmare la mancanza di semiconduttori. Secondo il presidente di Confindustria, le aziende italiane non possono rimanere fuori da questa realtà e sta spingendo per l'adesione.
Attualmente, ha aderito Brembo, società leader nella costruzione di componentistica legata agli impianti frenanti. Ma i problemi dell'industria automobilistica italiana non finiscono qui. Sebbene l'Europa abbia indicato il 2035 come anno limite per completare la transizione green, Italia, Francia e Germania chiedono tempi più lunghi.
L'Italia, in particolare, deve fronteggiare una situazione difficile: la manodopera richiesta per la produzione di motori elettrici è inferiore del 30% a quella attualmente impiegata. Si parla di 60000 posti di lavoro in meno e di 500 aziende coinvolte, quasi tutte piccole e medie imprese. Mentre i grandi marchi, infatti, riusciranno in qualche modo a riconvertire la propria produzione, le piccole imprese non possiedono i capitali e le risorse necessarie a fronteggiare una riconversione e si troveranno costrette a chiudere.
Tutto ciò non può che impattare negativamente sul PIL italiano e sul benessere generale del nostro paese, giacché -ad oggi- queste aziende rappresentano una grande risorsa per il sistema economico nazionale. Il futuro è certamente green, ma bisogna trovare una strada per salvare la produzione e avviare la conversione verso l'elettrico senza dimenticare l'aspetto occupazionale. La complessità della questione, però, non dovrebbe scoraggiare i singoli dal prendere decisioni responsabili che, comunque, possono avere un certo impatto sul benessere del settore.
Una soluzione per i consumatori: il noleggio a lungo termine
La questione ecologica ha un profilo emergenziale che sbaraglia ogni altra problematica: le emissioni vanno ridotte il più possibile. Una soluzione capace di tenere in piedi il settore automotive, dare tregua all'ambiente e, insieme, consentire agli utenti di spostarsi e risparmiare potrebbe essere quella del noleggio a lungo termine.
Il problema, infatti, sta spesso nel convincere chi guida automobili fortemente inquinanti a cambiare veicolo e modificare le proprie abitudini, magari proprio servendosi di società di noleggio come MuoviAmo, capaci di prendere in considerazione sia il ridotto impatto ambientale che la necessità di mobilità delle persone. Tali aziende possono sollevare i consumatori da tutta una serie di problemi legati non solo alla riconversione ecologica e ai costi legati a un'auto di proprietà, ma anche da noie quotidiane come la caccia al parcheggio.